Si parla
spesso di bullismo nelle scuole e a questo si associano
immediatamente tipiche situazioni come le pesanti offese, fisiche e
virtuali, ai danni di ragazzi che vengono presi di mira dai loro
compagni. Spesso oggetto di bullismo sono purtroppo i ragazzi che
hanno un handicap, la cronaca ne è tristemente piena. Ma oltre alle
situazioni eclatanti e più comuni, ne esistono delle altre che hanno
una caratteristica subdola, tanto da non venir riconosciute come
tali.
Una di queste è protagonista delle cosiddette cronache (nere) di integrazione scolastica e vede al centro del problema le gite didattiche. Quando leggiamo gli sfoghi di genitori che hanno visto escludere il proprio figlio da una gita scolastica, perché nessuno della classe voleva stare in stanza con il compagno “disabile”, stiamo assistendo a una forma di bullismo.
E’
camuffata, silenziosa, ipocrita, senza insulti verbali o video
denigranti, ma sempre di bullismo si parla.
Un bullismo
fatto dal branco, dove il branco è la classe e dove la
responsabilità si estende alla scuola che non sa insegnare, anzi
instillare, il gene della compassione, dell’empatia e
dell’inclusione. E ancor prima risale alla famiglia che non è più
depositaria di quella trasmissione dei valori che sono alla base
della sana convivenza.
In questo tripudio di
ipocrisia salta all’occhio dei più attenti una cosa ancor più
grave: la totale assenza di rimorso.
Questi
giovani che riescono ad andare serenamente in gita sapendo che un
loro compagno in difficoltà è stato lasciato in disparte, non
provando alcun senso di dispiacere o responsabilità per il dolore
causato, come saranno in grado di rapportarsi umanamente alla società
che li attende?
(tratto dal blog Integrazione degli alunni disabili )