Due
milioni di neuroni artificiali interconnessi, così si compone il
primo cervello artificiale della storia, nato da un progetto
realizzato dall’Università di Sassari in collaborazione con
l’Università di Plymouth (Inghilterra). Annabel (Artificial
Neural Network with Adaptive Behavior Exploited for Language
Learning),
questo il nome assegnato al tecnologico processo cognitivo, ha
imparato a “dialogare” con l’uomo. E’ stato infatti
programmato per assimilare le competenze linguistiche umane per poter
studiare come avvenga tale processo all’interno del nostro
cervello. Per ora Annabel ha “soltanto” due milioni di neuroni,
contro il miliardo dell’organo umano, ma gli scienziati impegnati
nel progetto contano di implementarlo nel prossimo futuro. La
previsione ambisce all’integrazione in un robot dalle capacità più
sofisticate, in grado di sviluppare anche delle percezioni
sensoriali. Un passo ardito verso una superintelligenza? Sicuramente,
al momento, è un grande passo avanti nella tecnologia informatica,
che sperimenta un’evoluzione sorprendentemente veloce: dal primo
approccio di macchina aritmetica, nel XVII° secolo, all’impiego
delle conoscenze basate sulle banche dati, degli anni 70.
Ma
l’intelligenza artificiale è qualcosa che va oltre la tecnologia
informatica. Nella sua ambizione di creare un intelletto che simuli
quello umano, solleva anche problematiche di tipo etico: il rischio è
quello legato alla produzione di macchine capaci di superare
l’efficienza umana e, come sostiene Bart Selman, professore alla
Cornell University, il pericolo sta nel fatto che tali tecnologie
super-dotate potrebbero verosimilmente arrivare ad agire
autonomamente dall’uomo. A questo punto l’umanità sarebbe
totalmente annichilita. Questa preoccupazione è condivisa da molti
scienziati e addetti ai lavori che, in un futuro non prossimo ma
realistico, prevedono scenari inquietanti. Saprà l’uomo non
oltrepassare certi limiti, evidentemente autodistruttivi?
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