Secondo
la FAO ogni anno
si sprecano oltre un miliardo di tonnellate di cibo
e solamente in Italia, in termini economici, lo spreco tocca i 13
miliardi di euro l’anno. Sono cifre da capogiro, un
terzo del fabbisogno umano totale.
E se pensiamo a quella parte di mondo affamata, alle migliaia di
bambini che muoiono di fame (si stima che siano 26 mila al giorno,
circa uno ogni tre secondi), allora lo squilibrio si fa più evidente
e gli interrogativi aumentano.
Perché
i paesi industrializzati seguitano a “buttare” tonnellate di
alimenti che potrebbero essere, per esempio, veicolati verso le
regioni povere?
Per capire lo scellerato meccanismo dello spreco dobbiamo sapere che
questo avviene a due livelli: il primo, a monte della catena
agroalimentare, quindi già in fase di trasformazione agricola; il
secondo, durante la distribuzione e il consumo pro-capite. In Italia,
quest’ultimo conta circa 150 chilogrammi di cibo sprecato ogni anno
(acquisti eccessivi rispetto al consumo, cattiva conservazione,
svalutazione dell’economia domestica) e sebbene la crisi economica
stia facendo da deterrente, resta comunque un numero altissimo.
Molto
di questo spreco avviene, oltre che nelle famiglie, nel commercio
all’ingrosso/dettaglio e nella ristorazione.
Diverse catene di supermercati italiani già donano alle onlus
confezioni di cibo in scadenza o dalla confezione danneggiata, ma ciò
che finisce nella spazzatura risulterebbe comunque eccessivo. Emerge
anche un dato controverso, testimoniato in una recente intervista sui
canali Rai da alcuni ristoratori impegnati nella distribuzione degli
avanzi: i
costi per il riciclo degli scarti della ristorazione sarebbero più
elevati di quelli che si possano sostenere per gettare tutto nella
spazzatura.
É lecito pensare come in tal modo sia ufficialmente incentivata la
via dello spreco. E quando ci giungono notizie esemplari da altre
parti del mondo, viene naturale vergognarsi di vivere questa realtà
italiana.
Pensate
soltanto che nel Regno Unito una delle principali catene di
supermercati ha escogitato un modo davvero “smart” di utilizzare
i rifiuti alimentari, trasformandoli in biogas e in energia elettrica
utile ad alimentare i punti vendita.
A New York, un esperimento effettuato utilizzando la voracità delle
formiche sembra poter cambiare il futuro dello smaltimento dei
rifiuti. Il problema dello spreco viaggia di pari passo con quello
gigantesco dei rifiuti e l’inevitabile soluzione deve volgere alla
prevenzione di questi.
Intanto
noi, singolarmente, possiamo fare molto imparando come sfruttare ogni
parte possibile dell’alimento che comperiamo e acquistando delle
quantità giuste, calcolate per il reale fabbisogno familiare.
D’altra parte, le grandi distribuzioni e il settore della
ristorazione dovrebbero essere spronate, con degli incentivi
piuttosto che no, a ridistribuire le eccedenze (paesi poveri,
cittadini indigenti ecc.) e a reimpiegare i rifiuti organici come
fonti bio-energetiche. L’argomento è sicuramente di lunga e
complessa trattazione, il percorso è arduo e si scontra anche con i
limiti dettati dal labirinto di norme che spesso soffocano ogni buona
intenzione umana. Appelliamoci in ogni caso a quel sano cambiamento
di mentalità che tanto invochiamo e che sarebbe bene concretizzare
al più presto, per il bene dell’umanità intera.
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