martedì

Internet addiction: quando la passione per la rete genera dipendenza


«Tornavo a casa dal lavoro abbastanza tardi, dopo 12 ore trascorse davanti a un computerconnesso alla rete e la prima cosa che facevo, prima ancora di posare tutto, prima di mangiare, appena entrato era: accendere il computer».

Storie di ordinaria new-economy si direbbe, ma perché internet riesce ad assorbirci così tanto? Il bombardamento continuo di informazioni e rimandi ipertestuali può diventare fonte didipendenza? Oppure si tratta di dipendenza da posta elettronica, in cui il bisogno di notizie in tempo reale dal mondo esterno ci fa aspettare nuovi messaggi, nuovi stimoli?

«Puntare sulla constatazione che internet riesce a creare dipendenze - spiega lo psicologo Emanuele Passanante - non risolve il problema, non ci porta molto lontano se non a concludere che un piacere può attirare a tal punto da alterare la qualità della vita, da far trascurare affetti, esigenze, da annullare ogni volontà.

Quando si passa dal bisogno di conoscere, di fare nuove esperienze, di sentirsi attivi e partecipi di un mondo sconfinato come internet, alla mancanza di capacità decisionali, alla passività più negativa e dannosa per la salute, si può parlare di fragilità della personalità. Nel rapporto con se stessi o con gli altri, è il caso di riflettere su "chi conduce il gioco", chi domina e chi subisce. E non si può pensare che internet o la tv o le altre fonti di dipendenza - perfino il cibo che ci fa vivere - abbiano una qualsiasi responsabilità. Sono mezzi che noi usiamo: se sappiamo usarli bene, avremo tutti ivantaggi, se li utilizziamo nel modo sbagliato, il piacere durerà poco e ci saranno conseguenze negative per la salute, per l'equilibrio psicofisico.
I casi estremi lo dimostrano. Dopo 12 ore di qualsiasi lavoro è normale riposarsi, rilassarsi, ricaricarsi, quindi se c'è l'esigenza di continuare, riaccendere il computer, non è più il soggetto che decide, che agisce, non c'è autonomia, soprattutto non c'è assertività, cioè affermatività.

La curiosità, il piacere di conoscere e fare nuove esperienze, di assecondare l'Ulisse che è in noi, ha o dovrebbe avere solo aspetti positivi. Se invece gli effetti sono come un boomerang per la salute e la qualità della vità e non si riesce a smettere è meglio sottoporsi a una terapia che rinforzi la personalità.

Tutti gli stimoli che provengono dal mondo - conclude l'esperto - esterno devono aiutarci a crescere, e diventare autonomi, mentre essere dipendenti in fondo significa ritornare, come dice Winnicot "all'oggetto transizionale" aver bisogno dell'orsacchiotto da abbracciare se non c'è la mamma». 

«La realtà è quella cosa che ti fa stare male quando spegni il tuo computer e abbandoni il cyberspazio», almeno secondo John Warsen. Non pochi, però, la pensano come lui: il numero di persone che presenta patologie in qualche modo legate alla dipendenza dalla rete aumenta di giorno in giorno. 

Alle relazioni reali si sostituiscono quelle virtuali, alle attività fuori casa si preferiscono quelle davanti al pc, alla vita vera subentra la finzione. In tutto e per tutto una fuga dalla realtà, un modo per costruirsi una nuova identità online, tra finzione e ambizioni mai realizzate. Un male che affligge molti, difficile da diagnosticare, ma soprattutto difficile da autodiagnosticare.
E con internet anche le casalinghe possono cadere nella dipendenza da rete.

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