Quel disegno di legge, presentato
dall'allora ministro della Salute Livia Turco, doveva servire
esclusivamente a semplificare le procedure per importare farmaci a
base di cannabinoidi dai Paesi che già riconoscevano le proprietà
terapeutiche della pianta. Dai tempi più remoti questa droga (in
molte lingue tale termine si identifica con i farmaci) è oggetto di
accese discussioni, in ambito medico e politico. Già nel 2300 a.C.
la medicina cinese utilizzava la canapa come cura per diversi
malanni; in alcuni paesi, come l'India, faceva parte delle cerimonie
religiose per raggiungere l'estasi. Il confine tra medicina e
stupefacente appare da sempre molto labile. I medici arabi
dell'antichità la prescrivevano con facilità e questo provocò le
prime controversie sugli effetti collaterali, che si palesavano
nell'assuefazione e nella debilitazione dell'organismo. In Occidente
iniziò ad arrivare attraverso gli scambi commerciali e la massima
diffusione in Europa si ebbe quando le truppe napoleoniche, durante
l'invasione dell'Egitto, scoprirono l'effetto voluttuario
dell'hashish (derivato dalla resina). I farmacologi non hanno mai
smesso di studiare le caratteristiche della canapa: nel '64 venne
scoperta la componente psicoattiva più importante, il
delta-9-tetraidrocannabinolo (THC). Il potere stupefacente varia a
seconda della concentrazione dei principi attivi (più alta
nell'hashish rispetto alla marijuana) e dal clima delle zone
d'origine delle piante. Di pari passo a questo aspetto venivano
considerate anche le doti terapeutiche, in particolare è stato
dimostrato come i cannabinoidi siano in grado di controllare la
nausea e il vomito conseguenti alle chemioterapie. A questo sono
seguite una serie di ricerche per valutarne l'efficacia
antinfiammatoria in patologie come la sclerosi multipla, e sul tono
muscolare, dove migliora la spasticità; inoltre incide positivamente
sul dolore cronico.
D'altro canto la scienza mette in
guardia dall'uso indiscriminato, oltre quello che è l'aspetto
curativo che prevede l'utilizzo esclusivo del principio attivo, sotto
controllo medico. La cannabis infatti può provocare l'alterazione di
alcune funzioni cognitive come la capacità di memorizzare o di
parlare, o il senso di equilibrio. E se la portata degli effetti può
essere soggettiva, di certo diventa molto critica nel caso di
assunzione durante il periodo adolescenziale. In questa fase delicata
della crescita, fare uso di cannabinoidi potrebbe alterare seriamente
la struttura cerebrale, studi di settore hanno evidenziato come
diversi disturbi psicotici, anche gravi, insorgano a causa di un uso
precoce di questa sostanza, in particolare se vi è predisposizione
familiare.
(Tutti i diritti riservati ©)
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