mercoledì

"Sneet", felici di restare single





Single felici. Se vogliamo attenerci ai risultati quantitativi che otteniamo digitando tale binomio nel motore di ricerca Google, sarebbero circa tre milioni. Tanti, quasi la metà delle cosiddette “monofamiglie” registrate nel censimento Istat dello scorso anno: in totale 7 milioni e 700 mila, il 41% in più rispetto a dieci anni fa. Insomma, sempre più persone scelgono di restare single e le motivazioni possono essere diverse, dalla “sfortuna” in amore alle ragioni economiche ma un particolare emerge in modo sempre più evidente, aumentano i single che desiderano consapevolmente di vivere da soli, per gusto, volontà, indipendenza. E l’amore non lo cercano, non con la spasmodica mentalità comune che vede nella coppia l’unica realizzazione di vita. Sono gli Sneet, ovvero “Single not in Engagement, in Expecting, in Toying” (un acronimo che ricalca quello dei giovani che non lavorano e non studiano, i Neet - Not in Education, in Employement, in Training).
Questi nuovi single non si buttano a capofitto in ogni festa comandata e non frequentano locali per conoscere gente nuova o siti di incontri. Non si sentono a disagio con gli amici già accoppiati e con prole. Semplicemente apprezzano il tempo libero preferendo concentrarsi sui loro hobby, sperimentando gli ambiti desiderati, gustando una libertà che impedisce di sentire quella solitudine che tanto fa paura, soprattutto in tempi di crisi. Già, perché a volte la ricerca di un partner è finalizzata a una maggior sicurezza economica, allo stipendio in più, a una casa, e allora non meravigliamoci quando assistiamo a scene di ordinaria infelicità. Sacrificare la propria personalità, barattandola con qualcosa di molto lontano da quel confronto costruttivo che dovrebbe servire a una reciproca crescita, non rientra negli obiettivi dei “single felici”.
Ciò non significa precludere la possibilità che si possa incontrare qualcuno con cui valga davvero la pena condividere un percorso di vita, ma se questo non avvenisse poco male. Quindi non un atteggiamento egoistico né tantomeno inflessibile, piuttosto l’esigenza di sentirsi sempre nei “propri panni” senza compromessi, coerenti con i bisogni profondi del proprio essere.
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